Taranto, in un futuro prossimo.
Dindo, Claudio e Valeria, detta Gorgo, hanno ormai passato i cinquant’anni. Si ritrovano a Taranto per partecipare al funerale di un vecchio amico. La piazza è piena di gente, e l’atmosfera è pesantissima, incattivita, lacerata, come si sono lacerati nel tempo i rapporti tra gli amici, tanto uniti in gioventù dalle comuni passioni, umane e politiche, quanto lontani e divisi oggi, sia per le strade diverse che hanno preso le loro vite, sia perché la loro amicizia si è frantumata contro il Siderurgico di Taranto, lo stabilimento più grande d’Europa: per alcuni la fabbrica va salvata a tutti i costi, perché non solo produce lavoro e benessere, oltre che acciaio, ma anche perché è un monumento insostituibile di memorie e di orgoglio operaio; per altri, invece, il Siderurgico è ormai solo il “Mostro” da chiudere, abbattere, cancellare, bonificare, perché con i suoi fumi avvelena e uccide.
Fino alla fine è il racconto di sconfitte e tradimenti, di una generazione smarrita, incapace di invecchiare, e di un paese quasi al capolinea: mentre l’azione si svolge incessante, attraverso sapienti escursioni nel passato vediamo i quattro protagonisti crescere, cambiare, peggiorare forse, anche se l’usura della memoria, dei rapporti e della morale non li piegherà mai del tutto allo spirito del tempo. E assistiamo anche al cambiamento dell’Italia, ridotta a una comunità composta da una moltitudine di individui in retrospettiva, trasformata in nazione liquida, disillusa, spenta; un paese di partiti deboli e personalistici, dove l’ideologia ha lasciato il posto alla comunicazione, i partiti sono diventati proprietà privata di leader che hanno sostituito i militanti con i follower e la passione civile si è trasformata in una disperata forma di ultima resistenza all’omologazione.
Fino alla fine è un romanzo tanto travolgente e originale quanto profondo e toccante, nel quale le vicende umane dei protagonisti si innervano in quelle del paese. Fino al pirotecnico finale, in un futuro che, forse, è già presente.
Angelo Mellone (Taranto, 1973) è giornalista, scrittore e capostruttura Rai. Editorialista e inviato di politica, cultura e costume per numerosi quotidiani nazionali, è autore e conduttore di programmi radiofonici e televisivi. Ha conseguito il dottorato in Sociologia della comunicazione all'università di Firenze e insegna Scrittura alla Luiss "Guido Carli" di Roma. Autore di diversi libri di saggistica, reportage e lavori teatrali, Fino alla fine è il suo quarto romanzo, dopo Nessuna croce manca (Baldini+Castoldi, 2015), Incantesimo d'amore (Pellegrini, 2016) e La stella che vuoi (Pellegrini, 2017).
‘Fino alla fine’, romanzo di una catastrofe: il nuovo libro di Angelo Mellone
Perché un romanzo proprio sullo stabilimento siderurgico?
«La mia storia e quella della mia famiglia sono legate all’acciaio. Mio padre, all’interno dell’Italsider, era la matricola 16. In pratica ha visto nascere e crescere il sito industriale di cui è stato il più giovane dirigente. E poi proprio dentro l’Italsider ha conosciuto mia madre che si trasferì da Genova a Taranto».
Un’emigrante al contrario…
«Proprio così. Molti dimenticano che Taranto fu l’unica città di immigrazione del Meridione, riuscendo a far tornare in città molti suoi emigrati».
(Angelo Mellone intervistato su La Gazzetta del Mezzogiorno)
E ora? Secondo lei siamo al punto di non ritorno?
“Siamo nell’anticamera del punto di non ritorno. E abbiamo al governo due forze politiche che sul tema hanno detto cose opposte. A forza di rimandare la palla la partita finirà, qualcuno dovrà fare marcia indietro. Non si può scherzare con una cosa così enorme. Non si può affidare l’Ilva alle campagne elettorali, ai santini e ai santoni. I più razionali sono stati accusati di essere collusi, pagati. Ora si dia voce solo ai competenti».
Di tutto il chiasso e la propaganda di queste ore…
Non resterà nulla. Bisognava costringere chiunque gestisse lo stabilimento ad applicare il piano ambientale che è ferocissimo. Ma il tema è che non si bonifica entro dopodomani».
Lei scrive: «Racconto fatti veri non ancora accaduti».
Ho scritto di un futuro distopico, che ora è un presente distopico.
(Angelo Mellone intervistato da Simona Brandolini sul Corriere del Mezzogiorno)
Chi ha brillato per pressapochismo?
“Ci sono responsabilità storiche. Ci voleva un patto per l’acciaio pulito, ma al tempo dei social si insegue la soluzione immediata. Impossibile in questo caso. Costruire il futuro ambientalizzato della fabbrica richiede anni di impegno e il recupero dello spirito costruttivo di una città dell’innovazione. L’opposto dell’attuale laboratorio della paura.”
(Angelo Mellone intervistato sulla Gazzetta del Mezzogiorno)
Nel romanzo ci sono tantissimi personaggi, c’è anche molta televisione. E molta narrazione o forse nostalgia della destra politica. È il mondo di Angelo Mellone?
“Sì, è Claudio pensa più 0 meno come me. Il libro è scritto come una sceneggiatura e già sto pensando di portarlo in immagini. Ci sono tante delle dinamiche politiche che ho conosciuto, ma soprattutto c’è una critica alla contemporaneità. Mi sono molto occupato di quello che si chiama effetto wrestling, ovvero la virtualità che nega la realtà. Credo che nella vicenda del Siderurgico ci sia molto effetto wrestling”.
(Angelo Mellone intervistato da Carlo Cambi su La verità)