di Redazione Libri Mondadori
Sono anni che mi interrogo sul giorno dopo, tutti sappiamo di cosa si tratta, di quel risveglio che per un istante è normale ma subito dopo viene aggredito dal dolore. La prima volta di solito è per la fine di una storia d’amore, ai tempi della scuola, poi la vita ne ha in serbo tanti altri, per alcuni troppi. La morte di un genitore, di un amico, di un compagno, di un figlio, la perdita del lavoro, un tragico errore, una bocciatura, una clamorosa sconfitta, anche la fine del lavoro e il primo giorno della pensione.
Esiste per tutti una mattina dopo, quella in cui si cerca di mettere insieme i pezzi cercando di non naufragare.
Mario Calabresi la propria l'ha vissuta quando gli hanno annunciato la fine della sua direzione de La Repubblica (2016-2019) e l'ha raccontata in un libro che parla di resilienza, di coraggio, di forza di ricominciare.
Alla sua esperienza, raccontata con un piglio insieme forte e intimo, affianca le vicende di "chi cade all’improvviso, di chi si trova a terra, di chi perde qualcosa per sempre". Perché nelle storie di difficoltà c'è sempre più umanità e profondità che in quelle di baldanzosa vittoria; dalle cadute, almeno una volta, tutti siamo passati e ognuno può ricordare come si è sentito.
Inutile fingere che non sia successo niente. Da domani vi racconto #lamattinadopo, edito da @Librimondadori. pic.twitter.com/kZMjZSHByW
— mario calabresi (@mariocalabresi) September 16, 2019
La mattina dopo è un libro che riesce nell'impresa di dare voce al silenzio che aleggia quando svanisce un'abitudine, quando si perde un'àncora vitale, quando svanisce un progetto in cui si era tanto creduto o quando passa l'onda della tempesta e per terra rimangono solo i frammenti. Sgomberando il campo da tutto il rumore, è sul silenzio che Mario Calabresi si sofferma e con coraggio ci dice che è inutile fingere che va tutto bene quando non è così:
Avevo paura di questa prima mattina senza un lavoro. Paura di non riuscire ad alzarmi dal letto, paura di girare a vuoto, paura di sentire il dolore per la mancanza di quei riti su cui avevo costruito la mia vita da tanto tempo: la sveglia alle sette meno un quarto, un controllo alle notizie della notte e all’apertura del sito, un’occhiata a Twitter e ai titoli di tutti i quotidiani. La barba, la doccia, la colazione leggendo i giornali e poi in ufficio. La riunione delle undici, gli appuntamenti a pranzo, la prima pagina alle sette di sera e la chiusura dopo le ventitré. Non sono mai riuscito a staccarmi dal telefono prima di mezzanotte. Adesso ho paura del vuoto.
Anche il dolore delle strade che finiscono, però, ha una soluzione: passa attraverso la comprensione e l'accettazione della propria storia, a partire da quella familiare. Con pazienza ecco che dalla crepa che ci ha ferito si vede passare la luce ed è lì che troviamo il coraggio di rimetterci in viaggio.
Il 21 settembre alle ore 16, nella cornice del festival PordenoneLegge, Mario Calabresi presenterà il suo libro a dialogo con Aldo Cazzullo. Appuntamento allo Spazio ItasIncontra, Piazza della Motta.
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«Sono anni che mi interrogo sul giorno dopo. Sappiamo tutti di cosa si tratta, di quel risveglio che per un istante è normale, ma subito dopo viene aggredito dal dolore.» Quando si perde un genitore, un compagno, un figlio, un lavoro, una sfida decisiva, quando si commette un errore, quando si va in pensione o ci si trasferisce, c'è sempre una mattina dopo. Un senso di vuoto, una vertigine....